Un contadino e la sua comare

s200_monica.bottaidi Monica Bottai

(letta la sera del 13.11.15 alla cena di beneficenza di Gancio)

 

Un contadino e la sua comare vivevano di ciò
che l’orto dava loro per campare.
Amavano la terra ed i suoi frutti,
né facevano distinzione fra belli e brutti:
che fossero pere, mele pomodori o zucchine,
insalata, carote, rape grandi o piccine,
ognuno aveva un posto preciso fra le zolle di quella pianura,
dai padroni tanto amata e coltivata con cura.
Vivo ed intenso era il lavoro di quel fattore:
per lui ogni suo ortaggio aveva un cuore,
un compito ed un ruolo unico nel mondo
e lui ne era il fiero custode fino in fondo!
 
Spesso parlava di questo con gli altri contadini,
ma non voleva perder tempo nessuno dei suoi vicini;
e così gli dicevano con fare stizzito: “Dino caro, lascia stare
non farti per niente le giornate amare.
C’è il frutto buono ed il frutto andato,
la verdura da macero e quella da mercato.
Non tutti si possono salvare,
non perdiamo tempo con quel che è da buttare!”
Ma Dino mai si contentava
E di nessun frutto mai si scordava.
 
In particolare, ad un certo ortaggio si era affezionato:
era quello più difficile da piazzare sul mercato;
brillante, liscio e senza bozzi, rotondo come il ventre di una mucca:
ecco come doveva essere per i contadini ogni zucca!!
Ed un giorno, guardando le sue zucche non proprio perfette,
cadde nello sgomento sentendo dire a quelle poverette:
“Ma perché siamo nate così brutte e strane?
Nessuno mai ci metterà sul tavolo col pane,
nessuno ma ci comprerà anche se ha fame!!
Il contadino ci butterà giù nel fosso…”
Dino sentiva ed era sempre più commosso.
Andò dalla sua compagna, deciso e risoluto:
“Amor mio, ascoltami attentamente per un minuto.
Dobbiamo insieme darci da fare
per capire cosa impedisce alla zucca di ben maturare.
Nessuna si cura delle sue pecche e dei suoi guai,
soltanto se perfette vengono guardate casomai;
eppure non ci sono solo le più belle
che fan mostra di sé sulle bancarelle.
Ce ne sono tante che vengono al mondo
E han diritto di arrivare su un piatto rotondo,
fra sughetti, tortelli e risotti pastosi,
per ognuna voglio progetti ambiziosi!!”
 
E così i due non persero tempo,
diffondendo le loro buone intenzioni in un lampo.
Di orto in orto, di campo in campo,
osservarono zucche brutte e malfatte
e trovarono soluzioni per ognuna adatte:
più acqua, più concime,
più zappa, meno vicine,
più sole, più proteine;
insomma un rimedio personale e preciso
proponevano con animo cordiale ma deciso.
 
Gli altri contadini i suoi consigli seguirono
E presto delle zucche rinnovate si stupirono.
Più belle e più grandi esse diventarono,
non perfette ma migliori si mostrarono.
La pazienza e le cure,
l’amore e le giuste misure,
tempo e dedizione,
attesa e precauzione,
tutto questo Dino aveva operato
ed era arrivato il risultato tanto sperato.
Il suo metodo divenne famoso,
In fondo non era neanche costoso!
Ma ancora non si è diffuso dappertutto
Perché c’è qualcosa che costa più di tutto:
accogliere, capire, amare:
questo non tutti son pronti a rischiare.
Dino in questo è stato maestro e guida;
ha ben insegnato qual è la sfida.
 
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