Free Student Box: gli sportelli e le reti – Riflessioni su un’attività di counselling psicologico nelle superiori della provincia di Reggio Emilia

di Leonardo Angelini e Deliana Bertani

(una riflessione del 2006, che mi è parso di dover riprendere, viste le recenti amnesie in merito)

 

  1. Cos’è Free Student Box

Free Student Box è il nome che il Dipartimento di Salute Mentale e l’Unità di Psicologia clinica dell’AUSL di Reggio Emilia hanno voluto dare ad un nuovo servizio di counselling psicologico rivolto agli studenti delle medie superiori della provincia, ai loro genitori e ai loro proff: – uno psicologo giovane, già formalmente a posto e sostanzialmente capace di svolgere attività di counselling; – alcuni studenti peer counsellor, da noi formati e spesso provenienti da una precedente esperienza di volontariato in Gancio Originale[1], che lo affianchino nell’attività di promozione dello sportello, scuola per scuola; – uno o più proff in grado di rendere più chiaro, agevole e condiviso l’impatto istituzionale di Free sia presso la scuola che presso le famiglie e che, insieme ai peer counsellor, svolgano una intelligente e preziosa attività di filtro che rende molto credibile e raggiungibile uno sportello che, altrimenti, soffrirebbe della sua collocazione in un luogo interno alla scuola, ma sempre molto liminare, per esigenze di privacy; – un antropologo che intervenga sui problemi di interculturalità, sia in quelle scuole in cui più consistente la presenza di giovani immigrati, sia soprattutto in equipe, come istanza che cresce con noi e ci aiuta a crescere su questo piano; – un sito web[2] che è nel contempo uno sportello virtuale in grado di accogliere le richieste anonime che giungono on line e di smistarle, sempre ai servizi AUSL, ma anche un luogo che si propone di favorire i contatti e di fornire strumenti espressivi e conoscitivi non solo ai giovani, ma a tutto l’ecosistema adulto che orbita intorno ad essi.

E alle loro spalle il Consultorio Giovani OPEN G e gli altri servizi sociali e sanitari dell’AUSL e dei comuni, rivolti ai giovani e alle famiglie, in grado di accogliere le richieste di cura più severe che non possono essere affrontate all’interno delle attività di sportello.

Tutto questo è Free Student Box. Apparentemente solo uno sportello di counselling psicologico, in effetti un nuovo nodo di una complessa rete presente da lungo tempo nel territorio sociosanitario reggiano, che tende a dare risposte multiple, puntuali e selettive a studenti, genitori e proff. Un front office vicino e raggiungibile, gestito da giovani professionisti che non appartengono certo alla stessa coorte, ma sicuramente alla stessa generazione dei giovani delle superiori, discreto e distinto dalla gerarchia scolastica, che ha nei peer counsellor e nei proff referenti degli ottimi sponsor rispettivamente presso i giovani e presso gli adulti in ogni scuola.

Un front office alle cui spalle c’è il back office di tutta la rete sociosanitaria che viene curata da Free in modo che ci sia il massimo della garanzia che, di fronte ad una richiesta di cura più severa, l’accesso sia veloce, personalizzato, adatto cioè ad un fruitore che – come sappiamo –  di fronte ad una cura che tarda a venire dall’esterno ricorre spesso a pseudo-rimedi basati sulla cosiddetta autocura, che portano spesso il giovane a compiere “boiate pazzesche” di ogni genere.

Siamo partiti tre anni scolastici fa con due sportelli reali ed uno virtuale, ai quali sono giunte 54 richieste di aiuto, che l’anno scorso sono diventate 231, e quest’anno ben 608, di cui solo 36 (pari al 5,9 %) passati al back office, con una estensione degli sportelli reali che da due son passati l’anno scolastico scorso a cinque e quest’anno a dieci. Mentre sul piano virtuale, al di là delle funzioni di filtro delle richieste di aiuto on line, il nostro sito web nel primo anno ha avuto circa 2000 accessi, che sono diventati 15.403 l’anno scorso e ben 85.058 durante quest’anno scolastico. Questo a grandi linee è il trend della nostra crescita, che ovviamente comprende anche momenti di formazione e di supervisione rivolti ai proff e molte altre attività di gruppo.

In concreto le attività di Free possono essere distinte in cinque momenti: convenzione, formazione, promozione, attività di sportello vera e propria, riflessione sulle attività e loro ridefinizione nel tempo e nello spazio:

La convenzione con le scuole si basa su una richiesta da esse effettuata al Servizio di Psicologia Clinica dell’AUSL, cui segue una serie di incontri, in un primo tempo con i presidi, e successivamente con i candidati proff referenti da loro reperiti all’interno del corpo docenti. Poi, solitamente solo con essi una volta verificata la loro volontà di coniugarsi con noi, si definiscono i criteri in base ai quali reclutare i candidati peer counsellor, insieme ai tecnici di Gancio Originale – se in scuola esiste già un percorso di reperimento di giovani volontari legato a Gancio – altrimenti a partire da un primo lavoro di individuazione promosso direttamente dai proff referenti in base a due caratteristiche che indichiamo loro come unici parametri utili ad individuarli: la capacità di decentrarsi e di mettersi nei panni dell’altro e la propensione a assumere e a mantenere nel tempo la responsabilità.

Sempre con i proff referenti: si individuano i locali in cui aprire lo sportello, le cui uniche caratteristiche devono essere la raggiungibilità e la liminialità nell’ambiente scolastico; si definisce la natura delle loro mansioni sia rispetto all’attività di filtro loro attribuita e solitamente rivolta a genitori e altri proff, sia soprattutto rispetto alla promozione e al riconoscimento istituzionale di Free Student Box da parte della scuola.

A questo punto le due istituzioni firmano una vera e propria convenzione, le cui coordinate di fondo sono state saggiate sul piano giuridico dagli amministrativi dell’AUSL: la scuola nella figura del preside e l’Ausl in quella del Responsabile del Dipartimento di Igiene Mentale.

La formazione iniziale dei peer è centrata su due o tre incontri in cui, dopo una presentazione di Free, e attraverso una serie di attività ludiche ed interattive si affrontano vari aspetti dell’attività di peer counsellor: ci si dispone in cerchio e si parte da una autopresentazione da parte di tutti, per poi passare ad una prima attività di de-centramento consistente nell’impegnarsi a guardare e “leggere” cosa si vede nel volto di tutti gli altri presenti; poi ci si dispone a coppie e si invitano alternativamente entrambi i membri della coppia ad inventarsi ed a esprimere un bisogno di cura e a fornire una risposta al quel bisogno nella consapevolezza che è a nostra disposizione in scuola lo sportello e il giovane psicologo che, tramite il telefonino o con altri mezzi discreti, può dare un appuntamento o, nei casi più gravi, inviare ai servizi. Si termina con la formazione del gruppo e con la prima riflessione su come in concreto sia possibile promuovere Free fra gli studenti di quella scuola.

La formazione poi continua durante l’anno con frequenti incontri con gli psicologi counsellor e con più radi momenti di verifica con il responsabile del progetto.

La promozione è il momento in cui i peer counsellor sono più impegnati. Il lavoro preparatorio inizia subito dopo la formazione iniziale e consiste nell’invenzione di idee, strumenti e slogan con cui presentarsi nelle classi. Poi si decide il calendario e il passo secondo il quale il giovane psicologo counsellor viene presentato classe per classe a tutti gli altri studenti. Questo fatto, a nostro avviso, è decisivo affinché tutto ciò che viene presentato, e prima di tutto la figura del giovane psicologo e gli stessi peer vengano poi percepiti come parte della scuola e non come un’agenzia esterna ad essa che si piazza in un angolo e aspetta i propri utenti.

L’attività di promozione poi si dirama e cerca di sfruttare ogni interstizio per la comunicazione che la scuola offre, ne inventa dei nuovi e li sperimenta.

Contemporaneamente la stessa cosa viene fatta dallo psicologo e dai proff referenti con gli adulti presenti in scuola, mentre i genitori sono raggiunti da volantini o locandine, spesso a partire dal momento della iscrizione dei loro figli al primo anno. Tutti infine periodicamente sono raggiunti dalle news che annunciano le novità presenti nel sito (si tenga presente che abbiamo un elenco che ormai naviga intorno ai 1600 indirizzi).

L’attività di sportello inizia non appena comincia l’attività di promozione; e, in quelle scuole in cui si è al secondo o al terzo anno di esperienza fin da subito. Molti sono gli strumenti che, in tutta discrezione, permettono allo studente che ne senta bisogno, ai genitori e agli stessi proff di raggiungere lo psicologo counsellor: il telefonino, i peer o i proff referenti che ricevono le loro domande, un registro anonimo che permette di prenotare un colloquio semplicemente prendendo un numero che corrisponde a una data, etc., fino alla possibilità di fruire di una consulenza on line, o meglio di un interlocutore che inizia on line un lavoro di interlocuzione che, eventualmente poi si conclude con un invio ai servizi.

Ovviamente se la richiesta d’aiuto non può ricevere una risposta a livello dell’attività di sportello, sia per la sua gravità, sia perché non corrispondente alle competenza dello psicologo (ad es. richieste di natura medica, di tipo assistenziale, etc), gli psicologi counsellor inviano ai servizi in base a quel lavoro di individuazione e di cura della rete del back office di cui abbiamo già detto.

Infine il tutto è supportato da un lavoro di riflessione sull’esperienza fatta, di supervisione e di riorganizzazione che ci permettono di riaggiustare il tiro, approfondire le questioni, risolvere gli elementi critici e, cosa non irrilevante, costruire a tutti i livelli dei gruppi in grado di pensare, di programmare, di fare delle verifiche sul lavoro svolto. Importante su questo piano è il lavoro di riflessione avviato nel sito che ha una serie di fruitori che vanno dagli studenti agli adulti addetti ai lavori sia nella scuola che nei servizi[3].

 

  1. L’assetto clinico e metodologico

Così come avviene sul piano operativo in cui il front office ha senso solo all’interno della più ampia rete sociosanitaria che fa da back office, allo stesso modo anche da un punto di vista clinico e metodologico non si comprende la filosofia e la pratica di Free Student Box se lo si espunge dal ben più vasto ambito dei servizi per i giovani che nel tempo abbiamo costruito nella sanità pubblica a Reggio Emilia e che si chiamano Gancio Originale, Stanze di Dante, Strolgancio e Consultorio Giovani Open G.

Gancio Originale è un progetto di volontariato giovanile che nasce su impulso della Psicologia clinica e che opera sui bambini ragazzi a rischio delle scuole medie inferiori e delle elementari attraverso i giovani delle superiori guidati da tirocinanti psicologi; le Stanze di Dante sono gruppi di accoglienza e di intervento pomeridiano all’interno delle scuole, rivolti a bambini e ragazzi di recentissima immigrazione e centrati sull’apprendimento della lingua italiana, guidati da giovani autoctoni o immigrati che già padroneggiano la nostra lingua; Strolgancio è un’officina ambulante che supporta ed amplifica le attività di Gancio, le rifornisce in volo di strumenti espressivi che aiutano sia i fornitori che i fruitori di cura a mantenersi in una atmosfera ludica e affascinante; ed infine l’Open G e il consultorio giovani che, insieme alla psicologia clinica, è – oltre che luogo di cura – fucina di idee, luogo di riflessione e di supervisione sulle esperienze fatte[4].

E’ in queste palestre della clinica, all’interno delle quali sono transitati molti dei giovani psicologi che poi hanno aperto bottega in città sui temi dell’età evolutiva, che sono maturate nel tempo un insieme di pratiche, e di riflessioni sulle pratiche che sul piano metodologico hanno sedimentato una tradizione locale che potremmo vedere come incardinata intorno a quattro idee-guida: la logica induttiva; la considerazione della clinica dell’adolescenza come un continuo lavoro di ridefinizione e di riadattamento della rete, e della rete di reti, alle esigenze del presente; la considerazione, che a noi pare ovvia, ma che molti tendono nei fatti a mettere da parte, che i giovani prima che un problema sono una risorsa; ed infine l’accompagnamento come modalità discreta e attiva che permette di mantenersi in rapporto con i giovani senza intruderli e usarli.

 

La logica induttiva: un servizio pubblico nasce e si sviluppa in base ad una dialettica fra centro e periferia – nel nostro caso fra regione e Ausl – in cui l’istanza centrale presiede alla definizione degli elementi di fondo della programmazione e la periferia all’attuazione dei programmi, all’adattamento degli stessi alle caratteristiche specifiche del territorio in cui i singoli servizi operano e alla definizione periodica di un feed back in base al quale poi il centro rielabora ed riaggiusta in itinere gli elementi di fondo della programmazione. Si tratta di un percorso in cui sia l’istanza centrale che quella periferica, ciascuna nel proprio ambito, non rinunciano mai alla riflessione sugli elementi di novità  che lungo il percorso di programmazione emergono.

All’interno di questa logica qualsiasi modello non rimane mai uguale a se stesso nel tempo, tantomeno in situazioni in rapida e tumultuosa trasformazione, qual è quella del territorio di Reggio Emilia, a meno che non si rinunci ad apprendere dall’esperienza e non si faccia del proprio servizio un feticcio al di fuori del tempo e dello spazio.

Il risultato, invece, allorché ci si abitui ad operare in base ad un logica induttiva, conduce ad un  rimodellamento dei servizi in base alle esigenze del presente e alla lettura dei movimenti di fondo della società, ma soprattutto all’assunzione e all’introiezione di una modalità riflessiva che gli operatori possono applicare di fronte ad ogni nuova emergenza. E’ questa logica che ci ha condotto all’invenzione di Gancio Originale, delle Stanze di Dante[5], etc. ed al loro sviluppo nel tempo. E’ ciò che sta conducendo anche l’esperienza di Free Student Box all’interno di questo alveo in cui fra i pochi punti fermi iniziali quello che ha più valore per noi è l’assunzione di una logica induttiva, che ai nostri occhi diventa un vero e proprio meta-obiettivo intorno al quale si incardina tutto il resto.

La metafora che ci è venuta in mente allorché abbiamo pensato a questa modalità fondativa del lavoro di Free Student Box è quella di una barca che viene messa in mare con uno scafo basato su vecchi modelli (nel nostro caso: Gancio Originale, Consultorio Giovani OPEN G, etc), che però viene via via modificato e complicato mano a mano che l’esperienza, e soprattutto la riflessione sull’esperienza ce lo suggeriscono. Si tratta quindi di un assetto sperimentale, che non si concreziona mai in una procedura standard, ma che si articola in un insieme di metodi di lavoro sottoposti quotidianamente alla prova di realtà e ridefiniti in base alle emergenze che provengono dalle diverse scuole.

Infatti, dagli input che ci provengono dal dialogo con i presidi, con i professori referenti, con i peer counsellor, e soprattutto con coloro che si rivolgono a noi (singoli studenti, genitori, gruppi), è apparso subito chiaro che le varie scuole medie superiori che in questi anni si sono convenzionate con noi hanno diverse tipologie di studenti, diverse tradizioni, diversi livelli di autorappresentazione, che producono domande di cura che vanno soppesate attentamente in itinere e che richiedono a noi tecnici una capacità di attenzione, di lettura e di intervento puntuali e capaci di veicolare una continua opera di adattamento del progetto ai vari contesti.

In questo modo, ad es., abbiamo appreso: – che prevedere una molteplicità di punti di accesso alla richiesta di counselling da parte dei suoi possibili fruitori (telefonino dei peer e dei giovani psicologi counsellor, segnalazione dei proff, e-mail, registro, etc.) li garantisce maggiormente sul piano delle loro esigenza di mantenimento dell’anonimato; – che passare da un solo proff referente ad una pluralità di proff che svolgono questa funzione può essere, in certe circostanze, un fatto che aiuta (e in altre no); – che aprire lo sportello non solo agli studenti, ma anche ai genitori e ai proff non solo è possibile, ma spesso aiuta a cogliere gli elementi di complessità presenti sulla scena scolastica, – che di fronte ai problemi dell’interculturalità occorreva introdurre nella nostra equipe di due antropologi, etc.

Il front office e il back office. Apparentemente, quindi, Free Student Box è solo un insieme di sportelli a disposizione di studenti, genitori e proff. In effetti sappiamo che, a fronte di questo lavoro di front office svolto dai pari e dai giovani psicologi, c’è il back office storico dei servizi psicologici tradizionali (Consultorio Giovani, Servizio di Psicologia Clinica), l’esperienza e le risorse di Gancio Originale, gli altri servizi dell’AUSL e delle altre istituzioni cittadine e provinciali che hanno a che fare, o possono avere a che fare con la scuola, i giovani e le loro famiglie. Si tratta quindi di un lavoro di rete in cui lo sportello scolastico è solo un nodo – quello più visibile e a portata di mano – di una rete ben più ampia che non possiamo dare per scontata una volta per tutte, ma che va curata, ridefinita, estesa mano a mano che il lavoro si dipana durante l’anno scolastico. Di una rete – quella sanitaria – ma anche di una rete di reti che comprende la scuola, il sociale, i comuni e praticamente tutto ciò che Pietropolli Charmet chiama “l’ecosistema adulto” che ruota intorno ai giovani e si pone in un rapporto più o meno nucleare o tangenziale con essi.

Ciò implica un continuo lavoro di ridefinizione e di allargamento della rete del back office che, a sua volta, conduce all’’innesco di un processo di cambiamento in ciascuno dei comparti con cui Free Student Box entra in rapporto: ad es. l’estensione, durante quest’anno scolastico, di Free nel territorio della comunità montana e, soprattutto l’emergere di una domanda di cura che proviene dai giovani immigrati di seconda generazione che vivono nei piccoli comuni della pianura ci ha posto in relazione con luoghi di intervento e di cura periferici che da una parte va complicando la nostra rete, dall’altra va “obbligando” i nuovi luoghi in cui ci troviamo ad operare a relazionarsi con noi, ad entrare in rete insieme ed a ridefinirsi rispetto a noi sul piano della reciprocità.

Corollario non secondario di quest’opera di cura del back office è la definizione di un rapporto personalizzato con uno o due operatori in ciascun nodo della nostra rete di reti al fine di garantire il più possibile i giovani nel momento dell’eventuale invio al back office. Ciò presuppone un tasso di contrattualità che, a nostro avviso, la dimensione pubblica del servizio non garantisce neanche nei confronti dei nodi interni all’area sanitaria, ma che sicuramente è più alto di ciò che il privato o, peggio, il singolo professionista che apre uno sportello in convenzione con la scuola può offrire. Si tratta anche in questo caso di un lavoro di continuo riaggiustamento del tiro, di un vero e proprio lavoro di cura dei singoli nodi delle varie reti in cui l’elemento della reciprocità, massimamente nel lavoro di filtro, finisce col pesare enormemente sul piano del lavoro di tessitura.

E non tragga in inganno l’esiguità dei casi passati al back office, corrispondenti solo al 5 o 6 % di coloro che ogni anno si rivolgono ai nostri sportelli: ciò da una parte significa che il nuovo servizio non è concorrenziale, ma complementare ai vari servizi tradizionali e – come dicevamo prima – teso a rispondere ai problemi lievi, dall’altra che avere alle spalle un insieme di luoghi di cura adatti a seguire adeguatamente i casi più severi, mantenere i rapporti con loro, comunicare questo fatto alle scuole, determina la nascita di un clima di collaborazione, che in certi momenti diventa  un contenitore unico che infonde fiducia a tutti, e soprattutto al giovane psicologo ogni volta in cui si approccia a un caso e deve decidere cosa fare dei limiti delle proprie capacità di cura.

L’adolescenza come risorsa: Spesso nei servizi l’adolescenza emerge nei suoi aspetti più problematici e si impone all’attenzione degli operatori per quegli aspetti più inquietanti che impressionano e mobilitano la pubblica opinione. Si rischia in questo modo di sedimentare dentro gli uni e l’altra una rappresentazione sociale dell’adolescenza che, più che il frutto della riflessione su ciò che nel complesso sta accadendo oggi ai nostri giovani, è frutto dei timori e degli stereotipi che nascono nella comunità adulta in rapporto con i vari aspetti epifenomenici che caratterizzano l’adolescenza attuale.

Ebbene la nostra esperienza – ci riferiamo soprattutto in questo caso all’esperienza in Gancio Originale e nelle Stanze di Dante – ci spinge ad una visione più ottimistica dell’adolescenza. Ciò non significa che noi neghiamo l’esistenza in essa di quei problemi che angustiano un po’ tutti oggi, ma che tendiamo ad inquadrarli in una cornice in cui, intanto, gli aspetti più problematici vanno visti, a nostro avviso, all’interno di un sistema in cui ci siamo anche noi, e cioè la storia e le contraddizioni delle generazioni che l’hanno preceduta e in certo qual modo prodotta[6]; in secondo luogo che in fondo per la stragrande maggioranza dei giovani d’oggi vale ancora ciò che ottimisticamente diceva Winnicott all’inizio degli anni ‘70: “si può dire che la vita adulta ha avuto inizio una volta che uno abbia trovato una nicchia nella società mediante il lavoro, e magari si sia sposato e sistemato in un qualche schema che rappresenti un compromesso fra il copiare i genitori e l’instaurare in modo provocatorio una identità personale”[7].

Con quest’ottica ci siamo avvicinati ad essi allorché fin all’inizio degli anni ’90 abbiamo proposto loro di impegnarsi in un “gancio originale”, e cioè di concedere dalle due alle quattro ore della loro settimana per i bambini ed i ragazzi a rischio; con quest’ottica ci siamo rivolti a loro come Free Student Box affinché ci dessero una mano nell’opera di promozione e di filtro dello sportello classe per classe, utilizzando creativamente le loro sapienti propensioni al marketing sociale ed alla “cura”.

Certo, avevamo un bacino potenziale (Gancio Originale) dal quale attingere praticamente in ogni scuola reggiana e soprattutto sapevamo già che il problema non era nel reperire i peer counsellor, ma nel fatto che, una volta individuati i pari, avremmo dovuto fare un’opera di calmierazione delle loro propensioni alla cura che a quell’età sono altissime e corrispondenti alla presenza dentro di essi di un personaggio eroico onnipotente e di una istanza superegoica molto dura ed esigente.

Fatto sta che, sull’input iniziale della scuola e della nostra istituzione, che ci spingeva ad allestire un insieme di sportelli in scuola, in cui i giovani non erano neanche previsti, ma ci si chiedeva solo di riparare al fallimento dei CIC, è stata solo la nostra fiducia nei giovani e la nostra precedente esperienza in Gancio Originale che ci ha permesso di  individuare e di coinvolgere anche in questo lavoro i peer counsellor.

Individuarli a partire dalla loro propensione a inserirsi nella  dimensione del “sistema del dono” – per dirla con Godbout –  e delle presenza in loro di due qualità che spesso poco o nulla hanno a che vedere col successo scolastico: – la capacità di decentrarsi, di mettersi nei panni dell’altro; – la capacità, acquisita anche a livello aurorale[8], di mantenersi coerenti nel tempo sul piano dell’assunzione della responsabilità.

Coinvolgerli a partire dalla nostra fiducia in loro, da un lavoro di formazione apparentemente molto rapido e assolutamente non corrispondente ai modelli di peer counselling che vanno per la maggiore, in effetti molto legato al rapporto che poi, dopo la formazione ufficiale, si instaura fra giovane psicologo e peer, da un lavoro di peeling discreto di quei personaggi eroici e di quelle istanze superegoiche presenti in loro, che da questo punto di vista rappresenta un altro versante della cura di Free, come di Gancio: quella esercitata sui peer, che consiste – appunto – in un aiuto in quella attività di rimodellamento del proprio mondo interno che dovrebbe concludersi, in età adulta, con la rinuncia alla grandiosità, l’abbandono dell’istanza superegoica arcaica eccessivamente esigente  e la corrispettiva assunzione del limite, della perfettibilità e della riparazione come orizzonte del propria vita pubblica e privata.

L’accompagnamento: Free Student Box, infine, è un luogo in cui si incontrano risorse giovani e meno giovani già tutte sperimentate in precedenti e limitrofe esperienze di accompagnamento: l’attività nei workshop e nelle Stanze di Dante di Gancio Originale; quella nell’OPEN G; quella nei tirocini post lauream in psicologia e di specializzazione in psicologia clinica. Si incontrano, e più spesso si ri-incontrano nell’impegno comune intorno ad un nuovo tema: l’attività di counselling psicologico in scuola.

L’inserimento di ogni componente di Free all’interno di un processo di accompagnamento fa si che nessuno in effetti operi da solo e che ogni componente del progetto si disponga dialetticamente  nei confronti delle altre all’interno di un processo che è quello del dare – ricevere – contraccambiare.

La predisposizione di tempi e di spazi (esterni ed interni) in cui sia possibile riflettere insieme permette di avere momenti di brain storming e di verifica tranquilli e produttivi, anche perché abbiamo imparato che nella catena dell’accompagnamento non è detto che tutte le componenti debbano essere sempre compresenti, ma che anzi un uso accorto e selettivo dell’ambito della compresenza implementa l’ambito della creatività e della produttività.

Ad esempio nell’ultimo anno è così emersa in più luoghi periferici un’idea nuova sul possibile contributo da parte dei peer nel lavoro di cura: l’uso  di attività espressive a partire dalle competenze e dalla disponibilità concreta degli studenti presenti in scuola (pittura, musica, danza, drammatizzazione, etc) che poi, in un secondo tempo, nella riunione d’equipe dei grandi abbiamo rielaborato e riconsegnato ai giovani, ai presidi e ai proff referenti sotto forma di proposta concreta per il prossimo anno scolastico.

Si può dire che ogni momento della formazione, della promozione e dell’attività  di sportello sia stata continuamente ridiscussa in base a questa ottica che è, al contempo, figlia sia della logica induttiva che dell’uso accorto delle dinamiche dell’accompagnamento.

Abbiamo così scoperto che l’accompagnamento, per essere leale nei confronti dei giovani, per essere non manipolatorio della loro propensione alla cura, deve ottemperare ad un insieme di regole di condotta che potremmo riassumere così: – non effettuare alcuna forzatura sul piano del reclutamento; – porsi in una situazione di ascolto e di scambio coerente fin da subito nei loro confronti; – non liquidare alcuna idea e proposta che sorga in itinere da essi e da ogni altra componente; – pianificare i momenti di verifica ed esortare tutti all’assunzione di un atteggiamento critico; – apprendere dall’esperienza e partire dal presupposto che ciascuno, con la propria parola e con il proprio comportamento, è portatore di un discorso che va preso in considerazione.

Infine, cosa importantissima con i giovani, va messo nel conto che ogni anno tutto ricomincia da capo, che, di volta in volta, vanno affrontati e risolti i problemi di separazione che necessariamente insorgono, che chi rimane è l’unico garante della continuità e che perciò deve continuamente riattrezzarsi a ricominciare da capo ed, eventualmente, a riaccogliere chi, anche dopo tanto tempo, dovesse ritornare indietro e cercare nuovamente il dialogo con noi.

E’ il miracolo dell’ascia di Washington che rimane lì, nella cascina del primo presidente degli Usa, ancora nuova e lucente, anche se nel frattempo sono stati cambiati cinque volte il manico e due volte il ferro.

Si tratta quindi, riassuntivamente, sul piano teorico, dell’adattamento a questo nuovo ambito di intervento di tutto l’apparato concettuale che fa da substrato a queste due per noi storiche esperienze: – quella di Gancio Originale che potremmo ricondurre in poche parole alla tematica dell’accompagnamento in età evolutiva; – quella dell’OPEN G che altrettanto sinteticamente potremmo far partire dalla visone dell’adolescenza come risorsa. Sul piano metodologico di un approccio che si basa, da una parte, sull’uso flessibile di ogni nodo delle reti formative e socio-sanitarie disponibili in termini di complementarità; dall’altra sull’assunzione ed il mantenimento nel tempo di un atteggiamento sperimentale, volto ad individuare e correggere in itinere ogni singola parte dell’impianto operativo.

Free Student Box: le emergenze attuali

Questi i quattro assi che per noi sono l’architrave che permette di definire e,  contemporaneamente, di rimodellare nel tempo il servizio senza tradirne l’impianto di fondo che lo sorregge. Cercheremo di porre in evidenza ora quali sono i principali elementi critici di fronte ai quali ci troviamo oggi, a tre anni dalla nascita di questo nuovo servizio:

  1. A livello della composizione dell’equipe il passaggio da 5 a 10 scuole convenzionate ha portato quest’anno il numero dei giovani psicologi coinvolti nel progetto da 3 a 5; mentre la riflessione fatta alla fine dell’anno scorso sull’emergenza in molte scuole sul tema dell’interculturalità ha condotto all’acquisizione all’interno dell’equipe di 2 antropologi.

Ciò ha comportato l’esigenza di passare da un incontro di supervisione ogni 15 gg ad una cadenza settimanale in cui, per di più, lo spazio per la supervisione era limitato dalle sempre più impellenti necessità di carattere tecnico e organizzativo.

Ne discende la necessità per il prossimo anno di mettere a punto, con maggiore rigore di quanto è stato fatto quest’anno, il problema della giustapposizione fra esigenze tecnico-organizzative e supervisione.

  1. Riguardo al tema dell’interculturalità l’arrivo dei due antropologi non ha sedimentato per ora, se non in minima parte, una pratica diretta sul caso da parte loro, ma ha contribuito in maniera rimarchevole a far crescere il gruppo su vari piani: – approfondimento delle tematiche inerenti il rapporto fra generazioni all’interno delle varie culture dei migranti, in relazione, da una parte, alle tradizioni presenti nelle terre d’origine, dall’altra ai problemi che insorgono fra genitori e figli migranti nell’impatto con la cultura le tradizioni reggiane; – lavoro con gli ormai tanti peer counsellor immigrati di seconda generazione volto a cogliere gli elementi di specificità presenti nel loro impegno in Free ed a sedimentarli in pratiche utili al loro personale benessere e a quello degli altri giovani migranti con cui sono in rapporto in scuola e fuori. Dobbiamo discutere se per il prossimo anno scolastico convenga continuare esclusivamente ad investire su questi aspetti o spingere anche verso un intervento diretto sui casi.
  1. Sul piano formativo l’impostazione dei due incontri iniziali è mutata ed è stata centrata molto più che negli anni scorsi su elementi interattivi, presentati sotto forma ludica, che hanno coinvolto i peer counsellor, gli psicologi e, in molte situazioni, anche i proff referenti e li hanno spinti ad entrare in medias res in maniera molto diretta, ma anche molto soft. In questo modo è stato possibile anche definire da subito in ogni scuola un gruppo di lavoro con una identità molto precisa ed operativa.

Dalla riflessione  sul successo di questa formula e sotto la spinta dei 5 giovani psicologi abbiamo immaginato ed attuato il Primo Peer Day che ha rappresentato l’attuazione di un momento formativo in cui le varie identità corrispondenti alle varie scuole si sono fuse in un istanza identitaria comune e in un momento di immaginazione e di progettazione che è andato ben al di là dei compiti inerenti il lavoro in Free contribuendo in maniera notevole alla definizione sia del progetto della Gabella (neonato luogo di incontro dei giovani a Reggio E.) sia dello sportello territoriale “A tu per tu” rivolto sempre ai giovani; entrambe queste esperienze sono state condotte insieme agli operatori del comune di Reggio Emilia.

  1. Sul piano della promozione l’allargamento delle scuole coinvolte e lo stesso turn over fra i peer fa si che si vadano definendo una pluralità di occasioni e di strumenti di promozione che è difficile qui riassumere, che vanno in ogni direzione e mirano al coinvolgimento, in maniera discriminata, di studenti, genitori, proff e persino alla promozione di Free nelle altre scuole reggiane.
  2. Mentre praticamente in ogni scuola è stata vista in termini critici l’ultima fase dell’attività di FSB: quella corrispettiva all’apertura degli sportelli e al coinvolgimento dei peer nell’attività di filtro. Nei fatti, ed al di là della percezione che i peer hanno del loro lavoro di filtro, l’apporto che i peer counsellor danno su questo piano non è assolutamente secondario, sia perché in effetti sono loro che rendono domestica la presenza degli psicologi in scuola presentandoli agli altri studenti, sia perché il filtro direttamente gestito da loro si aggira da un minimo dl 5% ad un massimo del 30% dei casi inviti agli sportelli (con una rispettabilissima media complessiva del 14,7%).

Ma la spinta all’impegno – sotto l’empito di un Ideale dell’Io altissimo a quell’età – li conduce  voler fare di più. Riflettendo sul significato di questa loro percezione e su alcune esperienze fatte durante l’anno in alcune scuole siamo arrivati ad evidenziare delle possibilità di intervento e di “cura fra pari” gestiti direttamente dai giovani peer counsellor all’interno degli interstizi che la scuola offre di mattino (monte ore) e di pomeriggio e supervisionati dagli psicologi, che abbiamo intenzione di amplificare e sperimentare articolatamente nel prossimo anno scolastico. Si tratta di attività di pittura, scultura (creta), poesia, danza, cucina, cineforum, lettura, visite guidate sui sentieri dell’arte e della natura, accoglienza dei ragazzi di prima (molto sentita a Castelnovo Monti), fotografia, etc. da mettere in piedi a partire dal reperimento dei conduttori degli atelier all’interno della scuola, fra i colleghi o fra i proff.

Pensiamo che tali attività espressive e creative possano favorire processi abreatori e diventare in ogni caso luoghi di incontro, di scambio e di reciproco arricchimento con indubbie connessioni ed allusioni all’area della creazione e della sublimazione (e cioè alla forma più avanzata di difesa contro l’ansia e l’angoscia), esattamente come avviene da tempo negli atelier di Strolgancio.

——- Reggio E., Giugno 2006 —–

[1] Cfr: “La bottega artigiana come luogo di apprendimento: transfert e controtransfert educativi”, con D. Bertani e M. Cantini, in: Animazione sociale N.2 del 2004, pp.59\65

[2] confluito in un secondo tempo nel sito di Gancio Originale

[3] Ben 12.000 sono stati quest’anno gli accessi ai due blog “Pensieri sui giovani” e “Giovani uguali e diversi” , moltissimi coloro che hanno visitato la nostra pagina “Colophon – finito di stampare” che accoglie tesi e lavori di giovani ricercatori sui problemi dell’età evolutiva.

[4] Cfr. Angelini L.  Bertani D. (a cura di), L’adolescenza nell’epoca della globalizzazione, Unicopli, Milano, 2005

[5] Cfr: http://gancio.altervista.org/i-nostri-servizi/stanze-di-dante/

[6] Cfr: a. L. Angelini, “Dall’etica padana del lavoro all’estetica consumista: l’adolescente reggiano di oggi a confronto con quello di ieri (e di avant’ieri), in: Gioco, scambio e alterità, a cura della Provincia di Reggio Emilia, 2001 (con D. Bertani et al.), pp. 57\84; b. L. Angelini, Precariato e adolescenza: i Peter Pan della globalizzazione, in: La  Rivista del Manifesto, Ottobre 2003 – n. 43, pp.54\59

[7] D. Winnicott, Sviluppo affettivo e ambiente, Armando, Roma, 1993, pag. 115

[8] il perché di questa nostra così circoscritta domanda, corrispondente ad una presenza non definitiva e spesso ancora malferma nel giovane è – come vedremo fra un po’ nella forze che assume nel nostro setting la tematica dell’accompagnamento.

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